Le spine del ficodindia
- Marta Arduino
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 4 giorni fa
Di Gaspare Grammatico, Mondadori
"Questa città, la Sicilia... e mettiamoci pure tutto il mondo... sono sempre stati come un ficodindia. Il ficodindia, di spine, ne ha due tipi. Quelle grosse, bene in vista che sono un po' come i malacarne della società. Quelle subito le vedi. E poi... ci sono quelle piccole piccole, scure, che manco si vedono. Sono come una specie di peluria. E sono quelle che ti entrano sotto pelle a tradimento e ti fottono."

Nenè Indelicato è tornato, e con lui la sua straordinaria normalità. Il commissario creato da Gaspare Grammatico affronta un nuovo caso, e lo fa con il passo lento ma sicuro di chi non ha bisogno di effetti speciali. Nenè non urla, non sgomita, non si atteggia a eroe. È uno che ti guarda negli occhi e ti dice le cose come stanno. E forse proprio per questo continua a conquistarci.
Il suo mondo è fatto di piccole cose: una cucina condivisa con la figlia Sara, dove i silenzi pesano quanto le parole e le ricette diventano una lingua comune. Tra i due c’è una tenerezza che non ha bisogno di spiegazioni: è un legame fatto di errori, di distanza e di un amore che, nonostante tutto, resiste.
Nel lavoro, Nenè si muove senza clamore. I suoi metodi non fanno spettacolo: niente profiler hollywoodiani, nessuna genialata da serie TV americana. Solo pazienza, ascolto, fiuto umano. La sua squadra è il riflesso del suo stile: concreta, silenziosa, vera. In particolare la vice, Salvina Russo, è molto più che un’ombra al suo fianco: è il contrappunto emotivo e professionale che lo tiene in equilibrio, soprattutto quando le crepe dell’uomo superano quelle del poliziotto.
Il nuovo caso che affrontano non è semplice. Grammatico costruisce una trama dove i confini tra Bene e Male sfumano come i colori al crepuscolo: non c’è mai una sola verità, e spesso la giustizia ha il sapore amaro della rinuncia o della scelta più dolorosa.
Ma è proprio in questo paesaggio morale incerto che Nenè Indelicato riesce a brillare. Non perché sia infallibile, ma perché è uno di noi: imperfetto, testardo, autentico. E nei suoi occhi c’è sempre quella luce ostinata che ci ricorda che, nonostante tutto, vale ancora la pena provarci.
Una lettura che non urla, ma che resta. E che ci fa pensare che forse l’eroismo, quello vero, sta nella normalità vissuta con coraggio.
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